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Siamo ormai nauseati dagli artisti “radicali” che producono innocui collage con ritagli di giornali serigrafati, titoli allarmistici, sedie elettriche, cadaveri, e immaginano in tal modo di impressionare la società. Tutto ciò che riescono a comunicarci è semplicemente che essi leggono i giornali e di preferenza i rotocalchi, e hanno trovato il modo di usarli per farne arte. Non è proprio essenziale essere consapevoli dell’assassinio dei due Kennedy e del fatto che Marilyn Monroe avesse una bocca attraente. Forse questo tipo di arte sembra eroica, perché si è sottomessa a un basso livello di informazione invece di meditare sulla continuità della dimensione pittorica e sulla ormai ovvia e dolorosa scoperta che la pittura è colore. Critici, direttori di musei, collezionisti, che cercano soprattutto il piacevole divertimento dei tesori dell’arte, e di conseguenza l’ininterrotta continuità, non solo della dimensione pittorica, ma anche del mercato dell’arte e soprattutto di un rapporto fra le opere di oggi con i capolavori del passato, non condividono la genuina percezione della realtà sociale e il conseguente sentimento truce che da essa deriva. Cos’altro è il mondo dell’arte contemporanea se non la collusione all’interno delle sue parti per rendere l’arte una piacevole vacanza domenicale indisturbata dalle notizie della settimana? I parametri dell’arte d’avanguardia sono: 1. il grado di penetrazione critica che essa testimonia nei confronti della società e della cultura; 2. la rigorosa direzionalità con cui questa critica è sviluppata. Penso che la No-art attui molto bene il primo punto e non altrettanto il secondo. Incidentalmente posso dire che il termine “No-art” è secondo me erroneo, in quanto sembra significare “senza arte”, mentre il suo vero significato è “arte di rifiuto” o “arte negativa”. Per l’intensa reazione contro l’America contemporanea, i no-artist erano i legittimi eredi dei dada sebbene difettassero di quella feroce ironia tipica dei “maestri”. Mostravano a ogni modo una naturale avversione per l’edulcorata e disinvolta Pop-art e per il post Dadaismo: Rauschemberg, Linchtenstein e gli altri scolaretti. Non è facile per un artista essere globalmente negativo: dopo tutto si diventa artisti in seguito all’esplosione di ammirazione suscitata da un’opera d’arte. Per dire “no” all’arte attraverso l’arte, occorre innanzitutto dire “no” a questa esperienza determinante. Si tratta di uccidere un dio, o un angelo, suo messaggero. Se la No-art implicasse qualcosa di meno, diventerebbe semplicemente “non arte”, di cui è piena la nostra società. D’altra parte a meno che il “no” sia totale, assoluto e del tutto privo di compromessi come un giuramento religioso o politico, diventa automaticamente un espediente per contrabbandare una dimensione puramente pittorica attraverso atteggiamenti propagandistici e sociali. Lurie, Goodman, Fisher soffocarono il loro angelo estetico sotto un immondezzaio di mass media appartenenti alle categorie della violenza e della fantasia sessuale. Anticiparono in questo modo Documenta V di dieci anni, e non c’è da meravigliarsi che la No-art abbia successo nel paese di Joseph Beuys, dove si è tenuta una mostra internazionale condotta all’insegna dello slogan “L’arte è superflua”. Lurie disse in una delle sue dichiarazioni che non avrebbe potuto immaginare figure a diffusione di massa con enormi seni o sederi di ragazze in posa finché non le avesse desemantizzate all’interno dei suoi collage. Le merci organiche che sono casualmente racchiuse in figure umane femminili portate alla sovraeccitazione, accendono la sua ostilità verso una società che ha imparato a soddisfare le richieste del mercato di massa unicamente per materiale pornografico; e così si può, su un piano nazionale, fornire unicamente surrogati(pin-up) lasciando che l’uso del topless e le carezze a prezzo fisso siano controllati dagli organismi locali. Non c’è bisogno di desiderare seni, di amare i Levy’s, di apprezzare il motivo dell’indignazione di Lurie e Goodman. I no-artist avevano il vantaggio di una ripugnanza autocomburente. Viene spontanea un’altra domanda, era buona la loro scelta di bersagli? lnnanzitutto penso che il loro bersaglio non fosse la società ma il mondo dell’arte, e il mondo dell’arte può solo “adeguarsi” alla società. La No-art rappresenta pin-up, cioè un tipo d’arte, che secondo la testimonianza di Lurie è in grado di diventare ossessione. Dalle pin-up la No-art arriva all’escremento esposto in previsione della scultura non-formale. Dov’è il criticismo radicale? Negli oggetti esposti? E perché non nei manifesti che li accompagnano? Immagini di ragazze nude sono di casa sulle pareti delle gallerie d’arte, e mostrarle come scandalose, con o senza giarrettiera, in piccoli ritagli tratti da riviste pornografiche, significa implicare che dovrebbero essere rifiutate dai poveri e dagli incolti. Neppure l’escremento è un fenomeno radicale, Rabelais scrisse una poesia in sua lode come elemento base nella rivoluzione dell’uomo. Così il messaggio della No-art arriva all’asserzione che la pornografia e gli escrementi, in quanto elementi di vita, non devono essere esposti nelle gallerie d’arte. Ma cose di gran lunga peggiori sono all’ordine del giorno nelle gallerie e sono considerate altamente rispettabili. Parlare di capolavori come se fossero escrementi tempestati di diamanti è culturalmente più distruttivo che esporre escrementi come se fossero capolavori tempestati di diamanti. La No-art rispecchia il miscuglio di schifezza e crimine con cui i mass media sommergono le nostre menti attualmente. Colpisce tuttavia questo miscuglio riproducendolo in immagini concentrate. Per tanto può essere definita una Pop caricata di veleno. Penso che il suo più alto valore sia di ricordare al mondo dell’arte che ci sono cose di fronte a cui ci si sente a disagio, mentre la Pop passeggia in Madison Avenue come se stesse cercando fondi per una campagna pubblicitaria. Ammesso che tutti noi sfuggiamo i ricordi spiacevoli, soprattutto quando siamo consapevoli che non c’è nulla che possiamo fare per cambiare la situazione, l’unica risposta dell’arte è quella di evidenziare questi aspetti. Non è compito dell’arte risolvere i problemi, ma solo prendere nota della realtà sul da farsi. L’arte è stata apoliticizzata fino alla guerra, non perché gli artisti avessero scelto di schivare la politica, ma perché pensavano che un artista dovesse fare solo quello che poteva e non quello che pensava si dovesse fare. D’altronde la politica stessa ha abbandonato ogni speranza di un mondo migliore. Gli individui possono gridare ma nessuno sa cosa fare. L’arte da sola non può fare nulla per cambiare le generali condizioni di vita. E se l’arte grida duramente, è accusata di abbandonare l’arte per fare cattiva politica. È stato così anche per la No-art? Si è domandata quest’ultima a cosa serva la buona arte oggi? A un gruppo di investimento svizzero? A un gruppo nippo-americano che paga al prezzo più alto? La No-art si è radicata in quella realtà tracciata dalla nuova sinistra autolesionista dell’inizio degli anni Sessanta, accettando di attaccare l’ultimo assortimento di cose: tirannia, ipocrisia e sozzura estetica, ma non poteva offrire nessun contributo per una nuova coscienza politica o una sensibilità ribelle. Tutto ciò che la March Gallery poteva fare era di far rumore per scacciare gli spiriti cattivi. E prendere il toro per le corna col rischio di essere trascinati nella spazzatura.

ALCUNE DOMANDE IN APPENDICE

1 -  La No-art sarà cooptata dalla storia dell’arte?
2 -  Cerca forse di esserlo?
3 - La Marlboro e Pace e Castelli produrranno forse multipli della merda per        commemorare questo episodio di storia dell’arte?
4 - Forse che il Fondo nazionale per le Arti e il Ministero per l’Arte dello Stato       di New York finanzieranno uno show  retrospettivo sulla merda?
5 - In caso contrario, è tale  omissione una  falsificazione  della storia dell’arte?
6 - E che dire di quegli artisti che sono esistiti ma che sono stati omessi dalla       storia dell’arte?

Harold Rosemberg  -  Gennaio 1974

Testo pubblicato nel catalogo della mostra di Boris Lurie ( Milano 1974 )


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